Salute

Preservare la funzionalità epatica con il supporto fitoterapico

“Non ti arrabbiare, ti fa male!”
Quante volte ci è stato detto? Molto spesso capitano periodi di grande stress ai quali dobbiamo far fronte, e altrettanto comunemente, per il famoso quieto vivere, lasciamo certe cose non dette, così di queste si fa carico la ghiandola più grande del nostro corpo: il fegato. L’eccessiva produzione di ormoni dello stress, come il cortisolo, se cronicizzata, porta alla distruzione delle cellule epatiche con conseguente danno, che si ripercuote sulle funzionalità di tutto l’organo.

Funzione epatica
Il fegato occupa l’ipocondrio di destra, il mesogastrio e parte dell’ipocondrio sinistro (parte superiore destra della cavità addominale, quella centrale e parte della sinistra), lo troviamo situato sotto la cupola diaframmatica e ha un peso compreso fra 1/1,5 kg.
Quest’organo è deputato a diverse funzioni, tutte importantissime, tanto che nel momento in cui il fegato smette di funzionare, smettono anche gli altri organi.
Il fegato è coinvolto nel metabolismo (che parte dalla digestione) di zuccheri, lipidi, amminoacidi, proteine, bilirubina e ormoni. La bilirubina, andrà a costituire, insieme alla biliverdina, la bile.
La bile, un liquido vischioso giallo/verdognolo, che consente l’emulsione, la digestione, l’assorbimento dei grassi e delle vitamine liposolubili. Questo liquido viene immagazzinato e concentrato in un piccolo organo collegato al fegato: la cistifellea o colecisti.
Il metabolismo termina proprio con l’assorbimento e lo stoccaggio di elementi importanti. Il fegato infatti, riceve il sangue refluo dall’intestino, attraverso il sistema portale, grazie al quale è in grado di elaborare gli elementi assorbiti a livello intestinale. Per questo, a livello epatico vengono stoccati glicogeno, che all’occorrenza può essere scisso in glucosio e reso fruibile per l’organismo, ferro, rame, vitamine.
Infine, il fegato svolge un’azione disintossicante da alcol, farmaci e tossine, fungendo da vero e proprio filtro nei confronti di sostanze nocive per l’organismo.

Danno epatico. Il fegato, può andare in sovraccarico, e subire dei processi infiammatori innescando quello che viene chiamato danno epatico.
Il danno epatico può essere acuto o cronico, di natura virale, autoimmune, genetica o esotossica (e quindi derivante da fattori di natura esogena, come abuso di alcol, farmaci).
La fase cronica, che può portare alla cirrosi e all’epatocarcinoma, richiede necessariamente un trattamento medico che talvolta include il trapianto di fegato.
L’attività epatica, in condizioni di salute, può essere preservata da diverse piante ad azione epatoprotettrice, in particolare ne osserveremo due fra le più importanti: cardo mariano e carciofo.

CARDO MARIANO
Silybum marianum L. Gaernt. Appartenente alla fam. delle Asteraceae, la stessa della camomilla o delle margherite con cui si gioca a “m’ama non m’ama?”. Il cardo mariano, però, porta delle infiorescenze a capolino spinose.
La parte utilizzata come droga (per cui si intende la parte della pianta essiccata) sono i frutti, in questo caso degli acheni, ottenuti per essicazione dei capolini dai quali vengono successivamente estratti.
La droga contiene un complesso di flavoglicani, chiamato silimarina (1,5 – 3%), che contiene soprattutto silibina, silicristina e silidianina. La silimarina trova la sua massima concentrazione sulla parte esterna del frutto.

Attività farmacologiche. Al cardo mariano sono state attribuite diverse proprietà farmacologiche, quali antiossidanti, detossificanti, antinfiammatorie.
L’attività antiossidante è data dal fatto che silimarina e silibina sono in grado di reagire con i radicali liberi e trasformarli i composti più stabili, diminuendone la reattività, e impedendo che provochino danno tissutale. Inoltre, questo fitocomplesso, è in grado di aumentare la produzione di glutatione, che sappiamo essere un fortissimo agente antiossidante, coinvolto anche nei meccanismi di disintossicazione da sostanze nocive per il fegato.
Per quanto riguarda l’attività antinfiammatoria, è documentato che la silimarina ha un effetto stabilizzante verso mastociti e neutrofili, inoltre, inibisce l’azione di sostanze pro-infiammatorie come prostaglandine e leucotrieni.

Dosaggio giornaliero. Il dosaggio giornaliero raccomandato di cardo mariano è di 12-15 g di droga secca, o in alternativa preparazioni che contengano una dose fra i 200-400 mg di silimarina. Quest’ultima non è molto solubile in acqua, dunque si utilizzano sempre preparazioni con estratti incapsulati in modo da favorirne l’assorbimento.

Effetti collaterali. Non sono riportati effetti tossici della droga e gli effetti collaterali sono rari (si parla di percentuali vicine all’1%). Alcuni fra i più comuni sono disturbi gastrointestinali come nausea, diarrea, dispepsia e gonfiore addominale, che scompaiono una volta interrotta l’assunzione. In dosaggi superiori a 1500 mg si è registrato, causa un’eccessiva produzione di bile, un possibile effetto lassativo.

CARCIOFO
Cynara scolymus L. anche lui fa parte della famiglia delle Asteraceae. La parte che noi conosciamo, ad uso alimentare, sono le infiorescenze a capolino, detta anche “calatile”, che utilizziamo privata delle spine.
La parte utilizzata in fitoterapia sono le foglie basali, intere o ridotte in frammenti.
Il carciofo contiene diverse sostanze attive funzionali quali, acidi caffeilchinici (acido clorogenico e cinarina), lattoni sesquiterpenici e flavoinoidi.

Attività farmacologiche. Al carciofo sono attribuite proprietà antiossidanti, epatoprotettive, coleretiche e colagoghe (produzione ed escrezione della bile) e soprattutto antilipidemiche.
Dall’attività antilipidemica, deriva quella ipocolesterolemizzante, infatti è dimostrato, che preparati a base di carciofo siano in grado di inibire l’azione delle LDL (Low Density Lipoproteins, conosciuto come colesterolo “cattivo”), favorendone l’escrezione, grazie all’azione colagoga, e conseguentemente di inibire la biosintesi di colesterolo.
La cinarina, è la principale responsabile dell’attività antilipidemica.
L’attività coleretica e colagoga invece, riguarda direttamente il fegato, in particolare l’acido clorogenico e la cinarina sono molto utili nel trattamento della dispepsia, perché la loro somministrazione porta ad un aumento della produzione di acidi biliari.

Dosaggio giornaliero. Le dosi raccomandate sono di 6 g. di droga, generalmente si trova commercializzato sotto forma di capsule da circa 300 mg, per questo se ne consiglia l’assunzione 2 volte al giorno.

Effetti collaterali. Tendenzialmente il carciofo non dà particolari disturbi e non ha controindicazioni, viene tollerato bene dall’organismo; è sconsigliato in soggetti allergici ai suoi componenti o ad altre piante della fam. delle Asteraceae, ed è fortemente controindicata la sua somministrazione a soggetti che soffrono di ostruzione alle vie biliari o calcoli alla colecisti.

È importante precisare che l’utilizzo di fitoterapici deve essere fatto previa consultazione di operatori specializzati con conoscenza delle piante, quindi medici specializzati, erboristi e farmacisti.

Bibliografia:
F. Capasso, G. Grandolini, A. A. Izzo, Fitoterapia – impiego razionale delle droghe vegetali. ed. 2006

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